Hanno Detto
Domenghini cuore nerazzurro: «Vi racconto il mio arrivo all’Inter, il mago Herrera era tosto. La finale col Celtic…»

La leggenda dell’Inter, Angelo Domenghini, ha voluto dire la sua in vista della finale di Champions League tra i nerazzurri e il PSG
Angelo Domenghini è stato un’ala, di quelle che correvano su e giù lungo la fascia in maniera instancabile. Molti lo ricordano per le sue prodezze al Mondiale 1970, letteralmente instancabile. La Gazzetta dello Sport lo ha intervistato a proposito della sua Inter, della quale è stato un grande componente negli anni ’60.
L’OSTERIA DEL PADRE – «Certo. Un’osteria con il pergolato e il campo da bocce. Eravamo in 9 fratelli, 6 femmine e 3 maschi. Maria, Lisetta, Marcello, Matilde, Costantina, io, Silvia, Graziella e Claudio. Il più grande, Marcello, era l’unico ad avere la bicicletta, una Coppi, ma io non potevo toccarla. Un giorno l’ha venduta e ha acquistato un pianoforte. Marcello non aveva la passione della musica, non l’ho mai sentito un giorno suonare quel piano».
L’ARRIVO ALL’INTER – «Mi hanno chiamato e sono andato. All’Atalanta prendevo un milione all’anno, firmo un contratto in bianco e Moratti scrive: quindici. Arrivo a Milano con la Fiat 600, mi compro subito l’Alfa, il Duetto spider, una figata».
ANDAVA D’ACCORDO CON HELENIO HERRERA – «Beh, insomma, non era facile. Io avevo il mio carattere e lui il suo. Il Mago era tosto, erano tutti tosti. Ragazzi, parliamo della Grande Inter».
PUNTAVA L’UOMO – «Lo facevo in modo largo e poi segnavo. Ma i giornalisti parlavano sempre di Mazzola, Suarez, Corso. E poi Corso, Suarez, Mazzola. Giusto, erano bravi, erano le stelle. Ma anch’io facevo qualcosa».
LA FINALE COL CELTIC – «Tremendo. Nei quarti abbiamo battuto due volte il Real Madrid. Col Celtic siamo andati in vantaggio con un rigore di Mazzola. Ma eravamo stanchi, anche per il campionato. Sarti aveva parato l’impossibile, loro hanno segnato il gol della vittoria a pochi minuti dalla fine. Poi la caduta di Mantova e lo scudetto sfumato all’ultima giornata: stagione balorda, abbiamo perso tutto. Una sconfitta clamorosa, quel giorno è finita la Grande Inter».
IL CAGLIARI COME SECONDA VITA – «Sì, meravigliosa. Ma quella è un’altra storia».
