Mkhitaryan: «L’Inter ha un obiettivo: seconda stella. La Juve...»
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Mkhitaryan: «L’Inter ha un obiettivo chiaro: la seconda stella. La Juve invece fa solo strategia»

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Il centrocampista dell’Inter Mkhitaryan ha rilasciato un’intervista in cui racconta il club nerazzurro e le ambizioni

Sulle colonne de La Gazzetta dello Sport, Mkhitaryan parla così dell’Inter e degli obiettivi societari, a pochi giorni dall’inizio del 2024.

INTER E JUVE PER LO SCUDETTO – «Ci sono 20 partite, è invece una corsa a tappe in cui si gioca sempre contro squadre diverse, non solo contro la Juve. Sta lì la differenza, nella costanza in ogni sfida settimana dopo settimana. L’obiettivo per noi è chiaro, sin dall’inizio: è la seconda stella».

JUVE – «È una strategia, vogliono mettere pressione su noi e il Milan, ma anche loro puntano al titolo: ognuno fa il suo gioco e vedremo alla fine…».

PUNTO DI FORZA INTER – «Anche se abbiamo cambiato tanto, avverto lo stesso clima positivo nello spogliatoio e la stessa mentalità vincente: la forza nell’Inter sta nelle fondamenta solide. Anzi, rispetto alla scorsa stagione, abbiamo fatto uno scatto nella maturità: abbiamo capito cosa mancava per essere davvero una grandissima squadra. Un po’ di serenità e la giusta esperienza che raggiungi solo con certe partite».

CENTROCAMPO – «Penso che è vero, abbiamo un centrocampo forte e vario. Tutti parlano di me, Calha e Barella, ma il segreto è che, se gioca qualcun altro, sia Frattesi, Klaassen, Asllani o Sensi, sa cosa fare».

CALHANOGLU E BARELLA – «Non ruberei niente perché il bello è la nostra diversità. Siamo ancora più forti insieme, ci completiamo come un puzzle. Ma siamo un puzzle proprio come squadra, tutti siamo utili».

FRATTESI – «Davide è fortissimo. Mi spiace che per ora giochi meno, ma lui sa bene che conta solo l’obiettivo comune. Ha il tempo e il talento dalla parte sua: sarà una colonna dell’Inter del futuro».

CAMPIONATO ITALIANO SOTTOVALUTATO – «Ha ragione, non capisco perché succeda. Già dalla prima partita giocata in Italia, Roma-Sassuolo, mi ha colpito la qualità. E anche i calciatori sono sottovalutati ingiustamente: qua c’è gente forte, dobbiamo essere fieri del movimento».

E LEI? – «Sì… Visto che sono arrivato all’Inter a 33 anni, forse si pensava a me come a uno destinato solo a fare numero e a non essere incisivo. Però, dal primo giorno, ho fatto capire che non volevo perdere tempo e dare un contributo per la vittoria».

RINNOVO CON L’INTER – «Significa che questa è casa e sono felice di abitarci. Parlo di tutto un mondo, non solo i compagni e la società, ma i tifosi e i lavoratori del club: è quel famoso puzzle nerazzurro di cui parlavo… Resterò fino a 37 anni, farò di tutto per avere questa freschezza. Sono stato in grandi club europei e posso dire che l’Inter sta a quel livello lì, nell’élite».

PARTITA CON MENO MINUTI IN CAMPO – «La finale di Champions… Non l’ho più rivista e non intendo farlo: mi farebbe solo male. Purtroppo mi sono infortunato tre settimane prima. Quella finale era l’esame dopo mesi di lezione: lo abbiamo fallito, ma nessuno ha tenuto la testa basse. Lì è scattata la voglia di riprovarci: possiamo tornare a giocare una finale e a vincerla. Da quella partita stiamo costruendo ciò che siamo adesso».

ATLETICO MADRID – «Volevamo evitarlo, ma anche loro volevano evitare noi, poco ma sicuro. Sarà una sfida bella e difficile: me la immagino molto tattica».

MAESTRI – «Tutto è iniziato con Lucescu, poi Mou è stato il più duro, ma era un vero vincente: non vedeva altro che la vittoria. Klopp a Dortmund era uno psicologo. Prima di una rifinitura scommettemmo 50 euro: dovevo segnare 7 volte su 10. Persi e pagai. Il giorno dopo, però, doppietta a Francoforte: «Ora restituiscimi i miei 50…», dissi scherzando. Da quel momento, basta scommesse tra di noi!».

INZAGHI – «Adesso sono più grande e questo cambia la percezione. Ho iniziato a lavorare con Inzaghi a 33 anni e si è creato un rapporto quasi da amico, anche se conosco la differenza dei ruoli. Ma posso dire che è formidabile e si vede dal suo gioco».

THURAM – «Sono felicissimo che Marcus abbia fatto ricredere tutti, non me. Era evidente quanto fosse completo, è ciò che ci serviva. Ho giocato con grandi punte, da Aubameyang a Ibra e Lewandovski: Marcus con la sua tecnica ha la stessa pasta».

LAUTARO – «Lasciamo stare la fascia che ha quest’anno: era “capitano” già l’anno scorso, nel senso di leader e trascinatore. Ognuno di noi dovrebbe essere come lui, un punto di riferimento in ogni partita, perché non potrà deciderle tutte Lautaro».

IDOLI – «Ammiravo Youri anche perché a casa avevo una videocassetta della A 1996-97 che guardavo e riguardavo: lì c’era la sua storica rovesciata con la Roma… Non posso dire che fosse proprio lui il mio idolo, magari più Zidane, Baggio e mio padre, anche lui calciatore. Quella volta, però, ho fatto una foto anche con Lilian Thuram: ce l’ho in Armenia, voglio ritrovarla e poi mostrarla a Marcus».

HOBBY DEGLI SCACCHI – «Rilassano e fanno pensare. Mi aiutano anche ad essere un calciatore migliore, allenano il pensiero veloce e l’andare sempre in avanti. In generale, preferisco usare meno Instagram e pensare di più. Magari leggere un buon libro: sto finendo l’autobiografia di Beckham e poi inizierò quella di Elon Musk. Rispetto a ieri, negli spogliatoi di oggi c’è meno dialogo proprio per colpa del telefono».

ITALIA – «Sì, perché l’Italia ha una storia incredibile e ottimo cibo, proprio come l’Armenia. E siamo popoli simili, ci piace scherzare, parlare e, quando serve, anche fare i furbi… Io consiglio a tutti di visitare il mio Paese, troveranno tesori che non si aspettano. E il barbecue armeno vale la pena….».

SOMIGLIANZA CON PIPPO FRANCO – «Lo so bene, me lo ripetono ancora adesso. Non lo conoscevo e sono andato a cercarlo su YouTube. La cosa non mi dispiace, anzi spero sia tornato ad essere famoso anche per questo…».

PEZZO DEGLI SCACCHI – «Non prendetemi per un arrogante, ma… una regina: vado da tutte le parti!».

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