Thuram: «Mai sentito il peso del cognome, passione? Da papà»
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Thuram si racconta: «Mai sentito il peso del cognome, mio padre mi ha trasmesso la passione»

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Thuram si racconta: «Mai sentito il peso del cognome, mio padre mi ha trasmesso la passione» Una lunga intervista per l’attaccante francese dell’Inter

Protagonista dell’ultima puntata di New Brothers, in onda su Dazn, Marcus Thuram ha parlato del suo passato prima di arrivare allInter.

A che età hai iniziato a giocare a calcio?

«A 2-3 anni, quando ho iniziato a camminare. Mio padre mi ha trasmesso la passione per il calcio, anche se all’inizio voleva che praticassi un altro sport. Per questo in un club ho iniziato a 8-9 anni, un po’ tardi, perché prima ho fatto nuoto e basket.»

Hai mai sentito il peso del tuo cognome?

«No, mai. Per me è una cosa normale. Se non avessi fatto il calciatore, avrei fatto l’attore. Ho pensato di seguire dei corsi di recitazione, ma si facevano il pomeriggio e avevo allenamenti»

Che altri sport segui?

«Il basket. Non riesco a vedere tutte le partite, visto che si giocano la sera tardi«.

Qual è stato il tuo primo ruolo?

«Attaccante esterno. Il mio primo allenatore e mio padre pensavano che fosse meglio che giocassi da attaccante, e ha funzionato.»

Il primo stadio in cui hai giocato?

«A Sochaux, il club che mi ha lanciato nel professionismo. Un giorno, a 13 anni, dimenticai le mie scarpe, e ho preso in prestito quelle di mio padre. Come ho giocato? Malissimo.»

Il tuo idolo è Ronaldo. Lo hai mai incontrato?

«Sì, sì. Tante volte. Quando era a cena con papà o ad alcuni eventi. Da piccolo avevo una copertina, me la portavo ovunque e volevo portarla anche a scuola. Mia madre non voleva, e così mi disse: “Dobbiamo darla a Ronaldo”. E gliel’abbiamo data davvero».

Il peggior momento della mia carriera?

«Nel 2021 mi sono infortunato quando dovevo venire all’Inter. E’ stata dura, ma la mia famiglia mi ha aiutato. La forza si trova dentro se stessi, nel lavoro e nell’amore per il calcio. E’ mio padre che mi ha dato l’insegnamento più forte: ‘Non mollare mai’.»

La tua esultanza?

«Mio fratello, quando giocavamo in vacanza, mi diceva che era più forte di me nella testa e nei muscoli. Ecco perché poi è rimasta quell’esultanza. Sono un suo grande tifoso.»

Un tuo pregio e un tuo difetto.

«Sono sempre in ritardo. Ma rido molto.»

Come sei come attaccante?

«Veloce, fisico e potente. Ah, ho dimenticato tecnico: veloce, tecnico e potente. Se conta più il talento o la determinazione? Quest’ultima, perché il talento senza di questa è nulla.»

Quanto è importante lo spogliatoio?

«Tanto, perché ti fa rendere bene anche in campo.»

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