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Zenga si racconta: «Ho un solo rammarico, io all’Inter fin da raccattapalle. Vi racconto quell’aneddoto con Bagnoli»
Zenga si racconta: «Ho un solo rammarico, io all’Inter fin da raccattapalle. Vi racconto quell’aneddoto con Bagnoli». Le parole dell’ex portiere
Ospite del podcast Centrocampo su YouTube, l’ex portiere dell’Inter, Walter Zenga, si racconta così e svela alcuni aneddoti sulla propria carriera.
LA MIA STORIA ALL’INTER DA TIFOSO E DA GIOCATORE – «Io ho fatto tutto il settore giovanile dell’inter dai 10 ai 18 anni, andavo in Curva. Ho vissuto l’Inter fin da raccattapalle. Sono arrivato dopo il Mondiale di Spagna, nell’esaltazione collettiva. Aspettavamo in ritiro i vari Altobelli, Bergomi, Collovati, erano in tv fino a un minuto prima e ora li avevo di fianco. E’ stato il coronamento di un percorso e la prima partita in Coppa Italia è stato l’insegnamento di quel che avevo imparato a Salerno: non ero arrivato, ma stavo partendo. In Coppa Italia paro anche un rigore a Paolo Rossi…».
CHE PORTIERE ERO – «Io sono un portiere, se non hai personalità, leadership, è inutile che fai il portiere. Se hai 18 anni o 35 e hai davanti compagni con un pedigree molto elevato, non gli devi mancare di rispetto, ma comunque sei tu che comandi. E loro hanno apprezzato anche molto avere un ragazzo che li guidasse. Poi dopo quella Coppa Italia c’era il Mundialito e io ho giocato nel giro di un mese il derby col Milan, tre volte contro la Juventus più Flamengo e Penarol che allora manco ti sognavi di vedere».
LA MIE RADICI – «Io sono di viale Ungheria, me ne vanto. Il viale per me è tutto, ci abita ancora mio fratello. Per emergere devi fare qualcosa di diverso, devi imporre qualcosa di differente. Per me uscire di casa con la borsa con scritto Inter e prendere il tram era un segnale che stavo facendo qualcosa. Le prime partite ufficiali dopo il ritorno sono state un disastro. Perso 1-0 con la Sampdoria, perso 1-0 a Trabzon e perso 3-0 con la Lazio. Un inizio particolarmente in salita, poi giochiamo in casa col Torino, facciamo 0-0 e a 5′ dalla fine faccio una parata importante. Poi quell’anno finiamo terzi».
LE DUE SFIDE DI COPPACONTRO IL REAL MADRID – «La prima volta abbiamo vinto 2-0 e poi abbiamo perso 3-0, la seconda abbiamo vinto 3-1 e poi perso 5-1 ai supplementari. La seconda è stata anche peggiore perché nei 90′ regolamentari abbiamo subito due rigori, di cui uno a 15′ dalla fine e lo fece Tardelli che poteva benissimo evitarlo. Giocammo tutto il secondo tempo senza Altobelli e Rummenigge, praticamente senza attaccanti, perché li menarono. Il ritorno a Madrid non era semplice. Tra l’altro nella prima semifinale ci fu la biglia in testa a Bergomi. Tiravano queste biglie di ghiaccio piccoline che si scioglievano subito. Bergomi la prese in testa davvero, l’errore fu dei dottori che lo fecero uscire camminando invece che in barella. Però giocammo male, perdemmo. Il primo gol lo prendemmo dopo 12′ e io ho alzato la testa e ho visto 12, mi sono detto ‘Solo?’. Non eravamo usciti dall’area piccola… Eravamo preparati, la seconda volta molto di più, ma abbiamo finito la partita con dieci giocatori in campo ma senza attaccanti».
LE PRESENZE CON L’INTER E I RIMPIANTI – «Non ho rimpianti. Quel che è fatto è fatto, non puoi cambiarlo. Il mio rammarico è che oggi quelle 473 partite sarebbero 700 minimo, perché io ho iniziato col campionato a 16 squadre e in Coppa ci andavi solo se finivi nelle prime tre o vincevi la Coppa Italia. Però mi tengo strette quelle 473, con tutte le sconfitte che ci sono state. Se vinci sempre 3-0 sarebbe troppo bello».
SUL RAPPORTO CON I TIFOSI – «Allora c’era più contatto. Gli allenamenti erano aperti. C’era più contatto. Il rapporto con la Curva è stato anche conflittuale, una volta mi hanno messo uno striscione con scritto ‘Dieci contano, 1 non conta più’. Io avevo un accordo col Napoli, preso perché non c’era con l’Inter e io avevo ancora un anno di contratto davanti. Sarei andato a Napoli perché con Maradona avevo un rapporto meraviglioso. Mi sarebbe piaciuto fare quell’esperienza, a bocce ferme la gestione sarebbe dovuta essere diversa, ma allora era tutto diretto, non c’erano gli agenti. Ero troppo spontaneo, troppo onesto nel dire le cose. Io per sei mesi quando l’altoparlante diceva il mio nome c’era un silenzio totale. Voleva però anche dire che ti vogliono bene e si sentono traditi».
L’ANEDDOTO CON BAGNOLI – «Con Bagnoli, prima di una trasferta a Napoli, mi mandò via dall’allenamento. Vado a fare la doccia e mi dico ‘ma che c…o stai facendo, domani dobbiamo giocare a Napoli’. Mi sono vestito, ho bussato alla sua porta e mi ha detto: ‘Walter entra. Chiuso qui, non c’è problema».
INTER BAYERN MONACO DEL 1988 – «Quella partita lì venne decisa in due minuti perché si fece male Brehme e restammo in dieci prima della sostituzione. Quando ci siamo sistemati abbiamo preso il 2-0. Nella ripresa Aumann non so quante parate fece. Poi ci fu un rissone non indifferente perché ci furono le provocazioni. Noi eravamo una squadra di grande personalità. Non eravamo gente che stava zitta. Negli spogliatoi è stato difficile separare tutti, Lothar era entrato nel loro spogliatoio e siamo dovuti andare a prenderlo. Era mercoledì sera e domenica dopo avevamo il derby fuori casa e quando entrammo in campo c’era lo striscione dei tifosi rossoneri che ci pigliava in giro. Quello ci ha dato ancora più carica e abbiamo vinto il derby, a dimostrazione che eravamo una squadra tosta».
LA VITTORIA DELLE 2 COPPE UEFA – «Mi ricordo molto di più la seconda Coppa Uefa, perché in campionato abbiamo rischiato di retrocedere. Avevamo una squadra con i due olandesi, Jonk e Bergkamp, c’era Sosa, ma in campionato dicevamo ‘vabbè oggi vinciamo e ci tiriamo fuori’ e poi vincevano gli altri. In Coppa invece vinciamo a Dortmund, battiamo 3-0 il Cagliari. La prima me la ricordo soprattutto perché a San Siro giocavamo in un campo di patate. Ma la seconda ce l’ho più nella testa, era anche l’ultima partita con l’Inter. In quel momento mi son detto che dovevo andare via da vincitore. Ero incazzato, mi sentivo preso in giro. Io preferisco che mi si dica che è finita, invece dei forse. Io l’ho scoperto perché Mancini mi ha chiamato chiedendomi se volevo andare da loro alla Sampdoria».
SU BERGKAMP – «Bergkamp all’Arsenal ha fatto gol pazzeschi. Quando vincemmo la Coppa Uefa era il goleador del torneo, ma il suo carattere chiuso, riservato, venne preso come un fatto negativo. Però un giocatore di qualità eccelsa. Qualitativamente uno dei più forti mai visti in carriera. Una tecnica straordinaria».
L’ALTRA PARTE DELL’INTERVISTA A ZENGA.
