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Verona Inter, l’aspetto migliore di ieri va oltre il risultato: Chivu dovrà stare attento a quel campanello d’allarme

Verona Inter, l’aspetto migliore di ieri va oltre il risultato: Chivu dovrà stare attento a quel campanello d’allarme. Ecco di che si tratta
L’Inter si porta a casa tre punti d’oro da Verona, ma la cosa migliore della trasferta non è il risultato in sé. Come analizzato da La Gazzetta dello Sport, il successo per 2-1 al Bentegodi, arrivato su un rocambolesco autogol di Martin Frese al 95′, è importante perché i nerazzurri hanno dimostrato di saper vincere una partita “sporca”, sporchissima. Se spesso in passato la squadra di Cristian Chivu si è specchiata nella sua stessa bellezza, al Bentegodi ha prevalso la fatica, la sofferenza e una buona dose di fortuna. Un episodio che, forse, “benedice” le stagioni importanti.
L’illusione di Zielinski e i vecchi vizi
Eppure, l’inizio era stato ottimo, culminato nel gol capolavoro del centrocampista polacco Piotr Zielinski su schema da calcio d’angolo. Dopo il vantaggio, però, la Beneamata è lentamente scivolata nei suoi antichi vizi: un misto di presunzione e disattenzione difensiva. Un atteggiamento che ha permesso al Verona di rientrare in partita, trovando il pareggio con Giovane (bravo a superare Alessandro Bastoni) e sfiorando addirittura il vantaggio con Gift Orban, la cui conclusione si è stampata sul palo a Yann Sommer battuto.
I soliti problemi: manca l’uomo-dribbling
Il match ha evidenziato ancora una volta un limite strutturale della compagine milanese: quando le squadre si chiudono, manca un giocatore capace di saltare l’uomo e creare superiorità numerica. L’esterno brasiliano Luis Henrique, che sarebbe deputato a questo compito, è apparso in evidente difficoltà, venendo bocciato. Con un Lautaro Martínez “annacquato” dalla stanchezza e dalla pioggia, il peso dell’attacco è ricaduto sulle spalle dei giovani, con Pio Esposito che, pur senza segnare, ha confermato di avere un impatto ben diverso rispetto alle riserve della passata stagione.
Decidono (ancora) i titolarissimi
Sebbene l’ampio turnover di Chivu sia positivo per coinvolgere tutto il gruppo, il dato finale fa riflettere: l’Inter l’ha risolta solo quando ha rimesso in campo i suoi titolarissimi, Denzel Dumfries, Nicolò Barella e Federico Dimarco. Un segnale preoccupante, come sottolinea la rosea, perché la dipendenza dai soliti noti, alla lunga, può portare a un calo fisico determinante, proprio come accaduto sul finire della scorsa stagione. La vittoria c’è, ma Chivu dovrà lavorare su questi campanelli d’allarme.