Hanno Detto
Oriali rivela: «Inter la mia seconda pelle, sarei anche rimasto! Con Mourinho…»
L’ex centrocampista dell’Inter, oggi nello staff di Conte al Napoli, Lele Adani, ha parlato così in vista della sfida contro il Benfica di Mourinho
Lele Oriali, una vita da mediano (con classe) dentro e fuori dal campo. A 73 anni, la sua storia nel calcio è un intreccio di ricordi, trionfi e legami profondi. Lisbona e la sfida tra Benfica e Napoli diventano l’occasione per riabbracciare José Mourinho, l’uomo con cui ha condiviso il biennio magico del Triplete all’Inter. Oggi Oriali è al fianco di Antonio Conte al Napoli, ma il rapporto con lo “Special One” rimane unico, così come il suo ruolo di equilibratore e “psicologo” dello spogliatoio. Ecco la sua intervista a La Gazzetta dello Sport.
COSA SUCCEDERA’ ALL’INCONTRO CON MOURINHO – «Sorridere. Abbracciarsi. Ricordare. Ci sono partite che non sono eguali alle altre: io quelle con l’Inter non vorrei mai giocarle; e queste con Mourinho lasciano puntualmente qualcosa. Per José, lei non è Lele ma Gabriele. In due mi chiamano Gabriele, mia madre e José. Non so perché, gli piace e piace anche a me. Per tutti sono Lele, amichevolmente, confidenzialmente o anche no».
MADRID 2010 – «Si tocca uno dei punti più alti della carriera, la Champions è il sogno di tutti. L’Inter quell’anno riuscì nell’impresa di vincere il Triplete. Ma lo sapevo… Erano un paio di mesi che sui giornali girava voce dell’addio di José. E una sera, senza violare la riservatezza, ci trovammo a parlarne. Io gli buttai giù una battuta – lo sai che se vai via, cacciano me – e lui sereno, padrone del momento: Gabriele, non pensare a quello che sarà, qui stiamo scrivendo la storia e ci riusciremo. Promessa mantenuta».
MOURINHO E CONTE – «Parliamo di fuoriclasse della panchina. Di allenatori che sanno caratterizzare le proprie squadre sino a conquistarne l’anima: per Mourinho e per Conte i calciatori si lancerebbero nel fuoco e non è un modo di dire. Dentro i tecnici, ci sono valori umani forti. Sono “oltre”, mi creda. Il carattere è un dono per chi ce l’ha e sia Mou sia Conte lo mettono a disposizione dei club e delle squadre».
IL RUOLO DI ORIALI: PSICOLOGO – «Mi ritrovo nella definizione. Porto con me l’esperienza, alla mia età so quando tacere e quando parlare, cosa dire. Diciamo che rifletto fuori ciò che ero in campo: un equilibratore».
L’ADDIO ALL’INTER – «Boh! Io sarei rimasto, l’Inter è la mia seconda pelle, so che con l’Inter ho vinto otto dei dieci scudetti della seconda stella. Faccia lei!».
IL PODIO DELLE GIOIE – «Premessa: il Mondiale dell’82 e l’Europeo con la Nazionale di Mancini sono fuori concorso. Ma mi viene facile allestire il mio podio: primo posto, lo scudetto dell’Inter del ‘71, ero poco più di un bambino. Poi il Triplete, per tante umane ragioni. E terzo il titolo dell’anno scorso a Napoli, dove Antonio ha reso possibile un sogno irrealizzabile. E ripenso alla sfilata, ai colori e ai profumi della città, al quotidiano con questa gente meravigliosa».
L’ARRIVO A NAPOLI – «Mi chiama Antonio e mi dice: dai, vieni. Io sto sopra ai 70, sono sempre stato a casa. Mi sembra troppo staccarmi. E quindi convoco moglie e figlie, spiego e dico: che faccio? Mi hanno messo le valigie davanti alla porta. Ma Napoli da cittadino che la vive è stata una scoperta straordinaria. Stare qua è fantastico».
MADRID – «La finale con la Germania, quella con il Bayern, due momenti epici. Racconto una cosa, prima della sfida con il Brasile: Bearzot, non solo un gentiluomo ma uno studioso, chiama me e Gentile. Mi affida Zico e dà Eder a Claudio. Io sto due giorni a vedere tutto quello che si poteva di Zico e poi, mentre ci stiamo avviando in campo, viene da noi due: ho ripensato, ho osservato, che dite se cambiamo».
