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Manicone sicuro: «Chivu è umile, per quello piace agli interisti. Dai derby ho imparato una cosa»

Le parole di Antonio Manicone, ex calciatore, in vista del derby tra Inter e Milan in programma in Serie A. Tutti i dettagli in merito
Antonio Manicone ha parlato a La Gazzetta dello Sport in vista del derby tra Inter e Milan.
CORO DEI TIFOSI – «Non sono mai stato “un campione”, ma me lo cantano ancora per strada. Mi piace perché significa che ho lasciato qualcosa alla gente. Ho dato il massimo ed è bello essere voluti bene. Resto, però, sempre un ragazzo della Bovisa: sono cresciuto lì, zona piazza Dergano, sempre con i piedi per terra. L’Inter è entrata nella mia vita molto presto, dalle giovanili. Mio fratello è milanista, ma grazie a me in famiglia si sono spostati tutti sul nerazzurro».
DERBY DA TIFOSO – «Me ne ricordo uno, purtroppo doloroso. Ero a San Siro, in mezzo ad amici di scuola, molti milanisti, quando Hateley staccò su Collovati. Quel giorno ho imparato che nel derby non bisogna dare per scontato niente, e spesso è meglio essere sfavoriti. Per questo, mi piace dire che domenica i favoriti sono loro… Per me, ragazzo allo stadio, il sogno era giocare un giorno una partita così. Se ti impegni, a volte i desideri si avverano».
CRESCERE NELL’INTER – «In Primavera avevamo una bella squadra: io, Minaudo, Mandelli, ci chiamavano la Banda Bassotti perché eravamo piccolini, ma ci facevamo rispettare. Una volta, in un derby, compare un ragazzino di due anni sotto età: mi dicono subito che è il figlio di Cesare Maldini. Bastano i primi 5’ e capisco: volava già… L’aver fatto il settore giovanile dell’Inter, sia da giocatore che poi da allenatore, mi ha comunque costruito come uomo. Mi ha dato una seconda pelle nerazzurra, che sento ancora addosso».
CHIVU – «È primo sia in Italia che in Europa, cosa può fare di più? L’ho conosciuto, è umile, alla mano, come piace a noi interisti. È stato bravo a cambiare poco all’inizio, ora pian piano cerca di dare più intensità e verticalità. In generale, però, c’è continuità: società forte, tecnico forte, giocatori forti».
QUALCUNO CHE LA RICORDA – «Ogni giocatore ha il suo carattere e va rispettato. Ad esempio, a me piace in campo e fuori Mkhitaryan, un’assenza grande in questa partita. Nel calcio spesso si impara più da ciò che si vede che da ciò che si sente, e avere nello spogliatoio persone come lui conta. L’Inter ha anche una coppia super di attaccanti: Lautaro ritrova Thuram ed è un fatto decisivo. Penso che il derby possa ricaricare anche gli azzurri che arrivano dalla brutta serata in Nazionale con la Norvegia, come Barella e Bastoni».
MILAN – «Mando un saluto a Max: io, lui e anche Gattuso abbiamo giocato insieme a Perugia nella stessa mediana. In pochi sanno sfruttare come Allegri i punti di forza della propria squadra e i punti deboli di quella avversaria. Lui ha subito dato solidità al Milan. Si sa che l’Inter ha sofferto tanto Leao in campo aperto, ma temo di più Pulisic: è ancora più difficile da marcare perché meno “leggibile” del portoghese».
TAREMI – «Colpa solo e soltanto del fisico: aveva una pubalgia che non è riuscito a sistemare, avrebbe dovuto fermarsi tre mesi e non era possibile. Resta un grande professionista: all’Inter poteva fare di più, ma in nazionale è il capitano e sarà la guida al Mondiale».
SOMMER E AKANJI – «Sommer è un orologio: affidabile dentro e fuori dal campo, da 10 nello spogliatoio. Su Akanji posso dire solo questo: se negli ultimi anni lo volevano tutti in Europa, ci sarà pur sempre un motivo…».
TORNARE ALL’INTER – «Le ripeto che sono della Bovisa, dove ho imparato a godermi il presente. Mai dire mai, ma ora penso all’Iran. E al derby dei derby di domenica, chiaro».