Lukaku: «La Premier è stata un mio errore, non ero più felice. La verità sull'infortunio»
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Lukaku: «La Premier è stata un mio errore, non ero più felice. La verità sull’infortunio»

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Il centravanti belga dell’Inter Romelu Lukaku si è raccontato a One for All, docu-film di Prime Video: le dichiarazioni a tutto campo

Lukaku si racconta a 360°, dall’addio alla Premier all’infortunio che gli ha condizionato questa stagione allInter:

 L’ERRORE – «Sono felice e sto bene con me stesso e questa è una cosa importante. Accetto chi sono e non mi importa di quello che gli altri pensano di me. Quando ripenso da dove sono venuto e come ero non potrei essere più felice. Mi rendo conto che ci sono altre cose nella vita e lo accetto. Se ho commesso un errore? Quello è un mio errore. Non di qualcun altro e non metterò la mia vita in altre mani. Prendo io le mie decisioni. Non ero più felice in Inghilterra. Volevo qualcosa di nuovo, qualcosa mi mancava e perciò sono andato via. La mia mente era altrove. Sentivo di non riuscire ad evolvere me stesso. Avevo dato. Per questo ho lasciato la Premier League e l’Inghilterra: perché non ero più felice. Poi ho pensato: e ora dove vado? In Italia! La mia famiglia sta bene qui».

GLI INIZI – «Ho iniziato quando avevo 16 anni e ora ne ho 30: quanti gol ho segnato. Si, davvero tanti gol. Anche mio padre è stato un giocatore professionista ma io ho vissuto un po’ da emarginato e quella stessa rabbia, dal profondo, mi ha aiutato sul campo. E quegli obiettivi sono cresciuti, moltiplicandosi. Quello che contava, già a 16 anni all’Anderlecht, erano i miei gol».

L’INFORTUNIO – «Quello che la gente non sa è che mi sono fatto fatto male al polpaccio, dietro il ginocchio, in allenamento prima della Cremonese. E quelli sono i primi mesi dove non potevo giocare e mi hanno fatto pensare: “Potrei continuare la riabilitazione per potere giocare più a lungo”. Questo è il brutto di iniziare la carriera giovani, non ci sono molte persone di cui posso parlare di questo».

BELGIO – «La Nazionale è un onore e sarà sempre lì, anche se fosse panchina per 90 minuti, trattamenti ed iniezioni pur di giocare. E ne pago oggi le conseguenze. Vince si è ritirato a 34 anni. Non voglio quello. Non voglio il mio fisico distrutto. So di pesare 102 kg e di sprintare sempre, calciato e spinto ogni partita. Sono occupato nel mio impegno in Italia».

IL FIGLIO – «La mattina Romeo entra nella mia stanza, vado a lasciarlo a scuola e vado dritto agli allenamenti. Poi torno a prenderlo a scuola, è molto importante per me. Il martedì e giovedì si allena. Passa molto tempo all’Inter. Come va? No comment (ride, ndr), lo proteggo è la migliore cosa da fare. Nessuna pressione. Quanto esco ci sono alcuni ristoranti che frequento con altri giocatori, oltre a quello la mia famiglia è felice qui è molto importante. Anche mio figlio, per me è super importante».

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