Ausilio Inter: «Ecco i colpi di cui vado più fiero...»
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Ausilio Inter, il cuore nerazzurro: «Ecco i colpi di cui vado più fiero. Kvaratskhelia l’errore più grave…»

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Ausilio Inter, dal sogno spezzato da calciatore alla scalata come dirigente nei nerazzurri, tra intuizioni, rimpianti e passione senza fine

Piero Ausilio, direttore sportivo dell’Inter, si è raccontato a cuore aperto ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, partendo dagli inizi, quando il pallone era ancora il sogno principale. «Mi sono scontrato con Cudicini, che poi è diventato mio amico, e il ginocchio mi è saltato per aria: cartilagine, menisco, anche legamento. Giocavo da sempre nella Pro Sesto, ho cominciato a 7 anni, e la mia carriera è finita lì. Ricordo, di quella partita, la mia disperazione e la sensibilità di Capello che allora — era la fine degli anni 80 — faceva il dirigente al Milan: è venuto negli spogliatoi a farmi coraggio».

Di sé calciatore dice: «Bravo. Bravino, dai. Un centrocampista non veloce ma con senso della posizione. Ha presente Cambiasso? Una cosa del genere, solo un po’ peggio».

Se vedesse oggi un giovane Ausilio in campo? «Macché, l’Inter è troppo. Penso però che sarei diventato un buon professionista, diciamo da Serie C, al massimo Serie B. Avevo sedici anni e già mi allenavo con la prima squadra che era in C1. E la C1 dell’epoca era una cosa seria».

Riconosce persino un debito a quello scontro fatale: «Ho ringraziato Carlo tante volte. Quello scontro fortuito ha cambiato il corso degli eventi in positivo. Solo che allora non lo sapevo. E soffrivo».

Il passaggio a dirigente non fu immediato: «All’inizio avevo in testa la panchina, ho fatto per due anni l’assistente dell’allenatore degli Esordienti. Volevo stare vicino al campo, solo lì mi sentivo bene. Avevo ventuno anni quando il presidente della Pro Sesto, Giuseppe Peduzzi, mi ha detto una frase che mi ha cambiato la vita».

E la frase era: «Ci sarà sempre un allenatore migliore di te perché ti manca l’esperienza da calciatore, ma sei sveglio e potrai fare un bel percorso da dirigente».

Dal 1997, quando Moretti lo chiamò all’Inter per il settore giovanile, la scalata è stata continua. E sui colpi di mercato ammette: «Ecco i colpi di cui vado più fiero. Kvaratskhelia l’errore più grave. Una volta non l’ho preso quando potevo».

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