Hanno Detto
Tiribocchi si racconta: «Gli inizi, Spalletti e Conte. Ma quel rifiuto all’Inter…»

L’ex attaccante Simone Tiribocchi ha rilasciato una lunga intervista, dove ha raccontato anche di un suo mancato trasferimento all’Inter
Simone Tiribocchi ha parlato a La Gazzetta dello Sport, raccontando anche di un mancato trasferimento all’Inter.
IL NUOVO RUOLO: «Dopo sei anni da coordinatore delle società affiliate al Monza, ora alleno il Città di Brugherio, in Seconda categoria. Non è cambiato nulla nel calcio giovanile. C’è ancora l’agente che porta i soldi per far giocare un suo assistito, chi paga per allenare e via così. Alla fine, mio figlio ha 13 anni e si diverte nei dilettanti. Quando perde o sta in panchina mette il muso. Come suo padre».
IL GRAN RIFIUTO ALL’INTER: «Sono stato un cinghialone silenzioso. Debuttai in A col Torino il 9 settembre 2001, contro il Brescia di Baggio: non ebbi il coraggio di andargli a chiedere la maglia. Fino ai 26-27 anni sono stato così. Gli esami mi mettevano ansia, stress. Per questo rifiutai l’Inter a gennaio 2006. All’Inter serviva una punta per la Coppa Italia. Un paio erano in Coppa d’Africa, altri erano infortunati. Ho avuto paura. E Moratti stravedeva per me. A Campedelli e Percassi diceva: “Voi ne avete uno forte: Tiribocchi”. Stesso discorso per il figlio di Galliani. Dopo un Milan-Atalanta a San Siro il magazziniere mi fermò: “Il direttore vuole la tua maglia”. “Chi?”. “Galliani”. Me l’ha ricordato a Monza».
GLI INIZI: «A Fiumicino, giocando per strada o in spiaggia. D’estate davo una mano ai bagnini a portare i lettini. Forse se non avessi giocato a calcio avrei fatto quello, o magari il benzinaio. Amavo l’odore della benzina. Ho giocato alla Lazio per anni, poi da un giorno all’altro mi mandarono via e a 16 anni mi ritrovai senza squadra. Per Mimmo Caso non ero pronto. Anni dopo disse che ero stato uno dei suoi più grandi rimpianti».
A BRACCIO DI FERRO CON SPALLETTI: «Arrivai ad Ancona a gennaio insieme a… Spalletti e lo feci subito arrabbiare. Colpa di una serata passata in discoteca che mi costò un problema alla schiena. Ma gli devo molto: era già un predestinato. E la sera, in albergo, ti sfidava a braccio di ferro. Io non sono un piccoletto eh, ma lui mi sfondò lo stesso. Ebbi un dolore al polso per giorni».
GLI ALLENAMENTI DI CONTE ALL’ATALANTA: «I suoi allenamenti erano degni dei Marines. Gian Piero Ventrone ci distruggeva. Una volta vomitai. Dovevi lavorare al di sopra del 90% delle tue capacità per un tot di tempo. Purtroppo fu esonerato dopo 13 partite, ma fisicamente volavamo».
L’EXPLOIT A LECCE E I RIMPIANTI: «Questione di incastri: fui pagato 3 milioni, il ds Angelozzi e il presidente Semeraro mi volevano. E in più c’era Papadopulo, che stravedeva per me. All’inizio fischi, ma la promozione in A fu top.
FOLLIE DA SPOGLIATOIO: «A Benevento uno spalmò la cacca sulla maniglia della porta, mentre al Chievo Baronio trasformò il letto in una bara con tanto di croce sulle coperte».